“Per ognuno di noi esiste un sentiero per uscire dal bosco nero dei nostri antichi dolori. Ci vuole forza, fiducia ed arte: bisogna provare senza mai perdere la speranza, altrimenti perderemmo veramente noi stessi. Non è facile, ma si può fare.” (G. Ciappina)
Le esperienze dolorose e traumatiche possono sembrare dei muri invalicabili…ma possono diventare le porte che conducono ad una vita migliore e più creativa.
Non vi è alcun dubbio che il trauma possa essere immensamente doloroso, lasciando spesso profonde cicatrici emotive e psicologiche molto tempo dopo che l’esperienza stressante sia passata.
Ma possono esserci dei risvolti positivi
Tedeschi e Calhoun hanno individuato questi risvolti positivi in un processo di profonda trasformazione: la Crescita Post-traumatica.
Per Crescita Post-traumatica (PTG – Posttraumatic Growth) si intende un “cambiamento psicologico positivo come risultato di una lotta contro circostanze di vita altamente impegnative e sfidanti”. (Calhoun, L.G., Tedeschi, R.G., 2004)
I due autori hanno osservato alcune persone vittime di traumi, le loro reazioni e il loro stato psicologico in seguito agli eventi vissuti.
Analizzando i dati emersi, hanno maturato delle nuove considerazioni relative ad un’inaspettata tendenza di alcune di queste persone, che non solo hanno mostrato di resistere alle circostanze, ma che avevano anche intrapreso un cambiamento positivo.
Il processo di crescita non è una diretta conseguenza del trauma, ma è una lotta individuale nel fare i conti con la nuova realtà imposta dall’evento traumatico, che è cruciale nel determinare la possibilità di crescita post-traumatica.
L’evento traumatico, come un terremoto, sconvolge e modifica le strutture schematiche che guidano i processi di apprendimento e le capacità di prendere decisioni. La crisi delle componenti psicologiche fondamentali porta ad una perdita del significato dell’esistenza. E’ quindi necessario, come avviene dopo i terremoti, compiere una ricostruzione (elaborazione cognitiva), che permetterà all’individuo di ricreare strutture nuove e più resistenti, di ricostruire se stesso in maniera più fedele ed autentico.
L’uomo non ama il dolore. Di per sé il dolore semplicemente fa parte del nostro mondo, della nostra esistenza e tutti gli sforzi per eliminarlo sembrano inutili o dannosi. Anestetizzare certi tipi di dolore porta ad una abolizione della nostra coscienza, mettendo in serio pericolo l’economia della nostra vita affettiva.
Particolare caratteristica del dolore è la sua “solubilità”. Nella solubilità del dolore è racchiusa la capacità dell’uomo di “assimilare” lo stimolo, interno o esterno, che potrà così essere contenuto e reso tollerabile, anche se nella sofferenza. Un processo che Bion chiama “trasformazione”.
E cosa può aiutarci a trasformare il dolore
La bellezza
Quella bellezza che si crea grazie alla creatività che vive in ognuno di noi, che si sprigiona dalla nostra scelta di essere “artisti” nei nostri progetti di vita.
Potrebbe essere la via più sicura per seguire i percorsi del dolore nella sua trasformazione, perché non c’è capolavoro nella vita della persona che non nasca dalla costante ricerca di ricomporre l’infranto, dentro e al di fuori di essa.
I ricercatori hanno affermato che l’espressione creativa offre benefici terapeutici poiché aumenta l’impegno e il flusso, la catarsi, la distrazione, le emozioni positive e il meaning-making.
Da diversi studi è emersa una correlazione tra le esperienze di vita avverse e la creatività, infatti l’aumento della creatività può costituire una manifestazione di crescita post-traumatica, la quale si è riscontrata impattare positivamente diverse dimensioni della vita dell’individuo quali la relazione con gli altri, la percezione di nuove possibilità, una più profonda spiritualità ed un maggiore apprezzamento verso la vita. Ma affinché la trasformazione dell’esperienza traumatica avvenga è necessaria un’elaborazione profonda del dolore e proprio grazie alla creatività si apre un canale fondamentale per la trasformazione del dolore stesso.
Non a caso le vite e le opere di molti artisti che hanno avuto delle esperienze profondamente dolorose, come ad esempio Michelangelo, Frida Kahlo e Munch, sono state oggetto di grandi studi.
Questi artisti nel loro essere creativi e resilienti sono metafora di quel potenziale umano nel trasformare l’esperienza traumatica, quel muro che sembra invalicabile, in una porta verso una possibile crescita. La loro esperienza è quindi esempio della creatività che c’è in ognuno di noi, di quella grande risorsa insita nell’uomo, che gli dona la spinta ad imparare a creare bellezza e a non essere necessariamente il più grande pittore, scultore o musicista, ma piuttosto il più grande artista della sua stessa vita.
A cura di Dott.ssa Sara Lippo Psicologa Specializzanda in Psicoterapia
Immagine: olio su tela a cura di Sara Lippo
A cura di Dott.ssa Claudia Russo
Psicologa Psicoterapeuta
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