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Sentirsi vittima di se stessi

Quando veniamo giudicati, spesso, non rintracciamo in quel giudizio la descrizione della nostra persona, di ciò che siamo e pensiamo di essere. A volte questo ci ferisce e può trattenerci in una situazione di disagio.
Perché succede

Innanzitutto va specificato che chi ci giudica, molto spesso, non sta facendo altro che giudicare se stesso, e lo fa attraverso la nostra persona, come riflesso di ciò che in realtà sta provando nell’ hic et nunc. Ciò che proietta su di noi, altro non è che ciò che sente di se il nostro interlocutore, in quel momento non si rende conto del meccanismo che mette in atto, vede in noi ciò che non gli piace di lui, ciò da cui vuole allontanarsi, che è più facile vedere negli altri che non in se stessi.
La paura del giudizio altrui, condiziona la vita di molte persone, soprattutto di chi decide di farsi influenzare nelle scelte, anche quotidiane, perché non riesce a prendere e mantenere una posizione.
Il giudizio degli altri quindi rischia di diventare una vera e propria ossessione.
Per questo non riusciamo a chiederci: “e se stessi sbagliando qualcosa?”, come interrogativo del fatto che stiamo sbagliando ad ossessionarci e ad ostinarci a causa del giudizio altrui, che diventa come un macigno sulle nostre spalle.
Il bisogno di essere accettati può portare alla non realizzazione dei propri desideri, perché si ha sempre paura di fare una scelta, di assumere una posizione.
La paura ci porta dunque a procrastinare le scelte importanti della nostra vita.
Ossessione così radicata da tramutarsi in ostinazione; ostinazione a perseguire una strada che non è quella che avremmo scelto. Ostinazione a non prendere decisioni, a restare fermi con il conseguente ed effimero passaggio del riversare la responsabilità della nostra vita sulle scelte che gli altri hanno agito su di noi.
L’altra faccia della medaglia della paura del giudizio altrui e della paura di non prendere decisioni per conto proprio, diventa quindi l’autocommiserazione.
Viviamo impantanati nell’autocommiserazione quando non siamo più in contatto con noi stessi e con i nostri desideri. Quando non siamo più in posizione eretta sulla nostra colonna vertebrale e scivoliamo in parti regressive perdendo di vista il nostro progetto nell’adultità. Ci sentiamo come marinai in mezzo ad una tempesta in alto mare.
Per quanto potremmo sforzarci sarà impossibile piacere a tutti. Se abbiamo paura che gli altri ci giudichino, forse è perché abbiamo standard troppo elevati, in verità non reali, della nostra persona.
Se compiendo una capriola, ci spostassimo da questa traiettoria, arriveremmo alla conclusione che in verità non è il giudizio altrui a farci paura ma è il nostro giudizio.
Scopriamo quindi che il giudizio non è una parte di noi, non fa più parte del nostro bagaglio, ma è stata una decisione consapevole che abbiamo agito per sentirci vittime.
Liberarsi dalla paura del giudizio, dall’ostinazione e dall’autocommiserazione significa dunque liberarsi dall’indossare una maschera e quindi diventare autentici.
Dobbiamo smascherarci, smetterla di interpretare un ruolo ed iniziare ad accettare noi stessi nella complessità di ciò che siamo.
“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite.”
Mark Twain
A cura di Dott.ssa Gaia Bosco Psicologa e Psicoterapeuta

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