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“Come mi sentirei al suo posto”?

Quello della genitorialità è uno degli argomenti più difficili su cui scrivere e di cui discorrere, bisogna usare molta attenzione e cura perché la relazione genitori e figli è generativa, nel senso che è da li che veniamo su, tutti quanti.

Le librerie, il web ed anche la bacheche pubbliche sono piene di affissioni e pubblicazioni di corsi alla genitorialità il cui obiettivo è quello di accogliere le insicurezze e i dubbi di tanti genitori che “non sanno come fare”. Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Prendendo spunto dal saggio di Bettelheim “Un genitore quasi perfetto”, le fondamenta su cui edificare una buona relazione con i propri figli sono l’empatia, la fiducia e la comunicazione affettiva. Ma che significa?

Andiamo avanti un passettino per volta, l’ambiente della relazione genitore-figlio è per il bambino, fin dal primo attimo del suo concepimento, lo spazio in cui più apprenderà rispetto al mondo e rispetto a sé stesso. Nei suoi primi anni, il bambino utilizza l’assenso o anche solo il cenno di assenso di uno dei genitori per comprendere se la direzione che sta prendendo o ciò che sta facendo va bene oppure no. Quindi il genitore diventa il suo filtro attraverso cui definisce sé stesso e il suo rapporto col mondo. Arrivano spesso per un consulto genitori preoccupati dal peso del ruolo della genitorialità e insicuri rispetto ai metodi educativi che stanno utilizzando o scossi per reazioni dei figli che non sanno come comprendere e gestire.

A volte l’aspettativa di fare un “buon lavoro” spinge verso l’irrigidimento, altre lo stile genitoriale si costruisce in opposizione rispetto a quello ricevuto da bambini, altre ancora il timore di perdere un rapporto preferenziale spinge verso uno stile più amicale che autorevole. Ognuna di queste strategie nasce dalla storia del bambino che è dentro il genitore, che per quanto possa sembrare un nemico, può trasformarsi nel più prezioso degli alleati. Ricordo un momento preciso della mia vita, in cui, confrontandomi vis a vis con un bambino, rispetto ad un tema di particolare rilevanza per lui, ho avuto la reale percezione di quanto di fronte a me avessi un persona tutta intera, con al suo interno tante riflessioni e pensieri e teorie rispetto alle cose, quante ne potevo avere io che di anni ne portavo dietro molti di più. Capita a volte che nella relazione con i figli, concentrati sulla scelta giusta per noi, non ascoltiamo quella che loro desiderano.

Ora, il punto che desidero approfondire rispetto a tutto ciò, è quanto portiamo di noi e del nostro passato nel nostro modo di essere genitori. Se ci fermiamo un attimo a fare mente locale, ognuno di noi riuscirà a rintracciare nel modo in cui agisce o nelle reazioni dei figli qualcosa che gli appartiene. Un genitore che di base ha delle insicurezze rispetto a sé stesso nei confronti della vita, avrà più possibilità di trasportare queste insicurezze nel rapporto col figlio e passargli più che un senso di possibilità e fiducia un senso di inadeguatezza e chiusura. Un genitore che reagisce con la chiusura rispetto all’irriverente sbotto adolescenziale del figlio, probabilmente ha messo da parte i ricordi di come lui si sentiva quando era da quella parte e viveva gli stessi tentativi di affermazione.

Questi esempi per arrivare a esprimere quanto il concetto di empatia e fiducia cui accennavo all’inizio partono proprio da qui, da un costante lavoro di comprensione e accettazione di quello che proviamo in quel momento, noi per primi, in modo tale da restituirne ai nostri figli una versione a loro comprensibile che possano trattenere dentro di sé come un’emozione tollerabile. I bambini e gli adolescenti vivono le emozioni in maniera amplificata rispetto agli adulti proprio perché non sono ancora capaci di riconoscerle e gestirle, trovare a fianco un complice che riesca ad aiutarli in questo processo è uno dei doni più preziosi e profondi che possano ricevere. Nelle situazioni più critiche, sono solita chiedere a me stessa “ come mi sentirei al suo posto?”, “ come avrei reagito al suo posto?” e le risposte diventano per me il più potente strumento di empatia e connessione con l’altro, perché mi aiutano a venire meno a me stessa, lasciando lo spazio necessario per la comprensione del vissuto dell’altro.

Questo ci permette di costruire una relazione autentica, basata su ciò che veramente siamo, senza bisogno di nasconderci dietro castelli di autorità o muri di rigidità, lasciando le emozioni libere di fluire. Nel sentire questo movimento di tolleranza, accettazione e comprensione ogni bambino riuscirà a strutturare dentro di sé lo stesso atteggiamento verso se stesso oggi, portandolo poi verso l’adultità trasformato in fiducia in sé e del proprio posto nel mondo.

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